Dal 12 al 15 ottobre 2017, tre giorni di dibattiti, spettacoli, mostre, film, incontri con “testimoni”, ma anche momenti di preghiera con il mondo missionario al completo.

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Godono di buona stampa, ma il messaggio che portano lontano e la fatica che ci mettono, almeno qui in Italia, non fa breccia nel sentire collettivo e nelle coscienze. Hanno le loro associazioni, le loro riviste, i loro raduni legati a questa o quella congregazione, ma da tempo sentono il bisogno di comunicare di più, di presentarsi più compatti, per raggiungere -insieme- credenti e non credenti, giovani e adulti, famiglie e scuole. E spiegare su cosa scommettono le loro vite legandole all’evangelizzazione. Sono i nostri missionari: che ora provano a sperimentare una nuova strategia – «non per occupare spazi, ma per innescare processi», per dirla con Papa Francesco – e stanno preparando un nuovo grande “Festival”: quello, appunto, “della missione”. Che rispetto ai tanti già diffusi nel Belpaese (anche di carattere religioso), aspira a costituire, oltre che un’occasione di confronto, una palestra di condivisione, dove far emergere il valore attuale dell’esperienza missionaria e caricarla di un nuovo slancio rigenerante.

E così una raffica di dibattiti, arte, musica, spettacoli, mostre documentarie, film, incontri con “maestri” e “testimoni” (partecipazione gratuita e aperta a tutti), ma anche messe, preghiera, e adorazione eucaristica permanente. Accadrà tutto a Brescia dal 12 al 15 ottobre 2017, con il coinvolgimento del mondo missionario, quasi al completo, unito in un progetto comune come rare volte si è visto, pronto a mostrare un solo volto, al di là dei carismi dei diversi fondatori o riformatori di congregazioni o istituti che – la storia del passato lo dimostra – hanno vissuto stagioni persino di rivalità e concorrenza.

Da mesi gli organizzatori lavorano su diversi fronti: dall’ospitalità alla preparazione delle iniziative. Mentre non cessano sollecitazioni da realtà come il Segretariato unitario animazione missionaria (Suam) o la Federazione stampa missionaria italiana (Fesmi) e il logo scelto comincia a farsi vedere qua e là con i suoi cinque colori – rosso, giallo, verde, blu, bianco – a richiamare i cinque continenti, insieme allo slogan del nuovo meeting: “Mission is possible”. Tutto questo per convincere che sì, un nuovo annuncio del Vangelo è possibile, anche innanzi alle sfide della contemporaneità. Lo spiegamento di forze si vede. Basti guardare il sito www.festivaldellamissione.it .

Sono state attivate diverse sinergie a livello nazionale che comprendono la Conferenza episcopale italiana (in particolare l’’Ufficio nazionale per la cooperazione missionaria fra le Chiese) e la Conferenza degli istituti missionari italiani (la Cimi, sigla che comprende rappresentanti di diversi istituti missionari, ovvero saveriani e saveriane, comboniani e comboniane, missionari e missionarie della Consolata, della comunità di Villaregia, missionari del Pontificio Istituto Missioni Estere, missionarie dell’Immacolata di Nostra Signora degli Apostoli, Padri Bianchi, francescane missionarie di Maria, Società delle missioni africane, Verbiti…). Ma altrettanto impegno si registra a livello locale, con un ruolo protagonista della diocesi di Brescia – ora guidata dal vescovo Tremolada nominato ieri – e del suo Centro missionario, oltre che del Comune. Senza dimenticare l’appoggio della Commissione episcopale per la cooperazione missionaria tra le Chiese, di cui è presidente il vescovo di Bergamo, Francesco Beschi, bresciano di origine.

E allora via con il conto alla rovescia nella certezza che «mission is possible», se si è aperti al Dono di Dio. «Riteniamo che il Festival possa essere, oggi, uno strumento privilegiato per condividere questo Dono, in comunione tra di noi e in piena sintonia con quella Chiesa in uscita alla quale Papa Francesco fa sovente riferimento», spiega suor Marta Pettenazzo, superiora provinciale per l’Italia delle missionarie di Nostra Signora degli apostoli e presidente della Cimi. «Andiamo, allora, in città e nelle piazze per dialogare, contemplare e fare festa per la perenne buona notizia per ogni uomo e per ogni donna del Vangelo di Gesù. … Perché la Chiesa non dimentichi che è nata in uscita e solo in uscita sarà fedele al suo Maestro», le fa eco don Michele Autuoro, direttore Ufficio nazionale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese e della Fondazione Missio.

Diversi gli ospiti annunciati in arrivo nella terra di Papa Paolo VI come pure di Daniele Comboni,il figlio di contadini diventato il primo vescovo cattolico dell’Africa Centrale e poi canonizzato, o di Irene Stefani, delle Missionarie della Consolata, beatificata due anni fa a Nyeri, in Kenya, o del primo biografo di Matteo Ricci, il gesuita Giulio Aleni. A Brescia sono attesi, tra gli altri, l’arcivescovo di Manila nonché presidente di Caritas Internationalis, cardinale Luis Antonio Tagle; il porporato albanese quasi novantenne Ernest Simoni, unico sacerdote sopravvissuto alla persecuzione dell’epoca comunista; Rosemary Nyirumbe, la religiosa ugandese che ridà dignità alle bambine soldato e che dice «la fede è meglio praticarla che predicarla»; il vescovo emerito di Makeni, in Sierra Leone, Giorgio Biguzzi, saveriano originario di Brescia, che si è trovato a mettere pace tra eserciti “legittimi” e milizie “irregolari”; la superiora generale delle comboniane suor Luigia Coccia; i gesuiti Federico Lombardi, già direttore della Sala stampa vaticana, e il francese Gaël Giraud, economista; il comboniano Alex Zanotelli e padre Bernardo Cervellera, del Pime, direttore di Asia News; Blessing Okoedion, nigeriana, ex vittima della tratta e autrice del libro “Il coraggio della libertà”padre Alejandro Solalinde, che in Messico lotta per i diritti dei migranti, autore di “I narcos mi vogliono morto” ; Alì Ehsani, afgano immigrato in Italia, autore di “Stanotte guardiamo le stelle”.

Una kermesse come tante altre? No, e per più di un motivo. Gli organizzatori sanno bene che con i costi della manifestazione – in larga parte coperti dalla Fondazione Cariplo, dalla Cei, e dai vari istituti missionari – poteva essere finanziata un’opera in terra di missione (si tratta di cifre comunque che – naso- non sfiorano la metà del “Festival del diritto” di Piacenza, e sono lontanissime ad esempio dal “Festival dell’economia” di Trento). Ma non escludono che mettere “in vetrina” esperienze di rilievo in tutto il mondo, veicolare le necessità di questa o quell’area, ricomporre qualche coccio, possa considerarsi un investimento di sicuro ritorno. Non solo. Qui la parola d’ordine è sobrietà: missionari, delegati dei centri missionari diocesani, gruppi giovanili, ad esempio, saranno ospitati da parrocchie, famiglie, oratori. E questo aiuterà a risparmiare, ma soprattutto favorirà il rafforzarsi di legami. E non è escluso che alla fine della tre giorni si possa immaginare un segno concreto. Inoltre non meno importanti, durante il Festival , saranno i momenti dedicati alla preghiera.

«Dopo la messa di apertura, la serata del 12 ottobre sarà dedicata a testimonianze missionarie in varie parrocchie della città: religiosi, religiose, sacerdoti fidei donum e laici che hanno fatto o stanno facendo esperienze di missione nel Sud del mondo offriranno il loro racconto su bellezza e difficoltà del loro servizio. Il giorno dopo, il 13, ci saranno tre tavole rotonde – sul presente e il futuro della missione ad gentes, sul protagonismo delle donne nell’ evangelizzazione e sull’attualità di Matteo Ricci – per offrire a tutti informazioni, ma specialmente spunti di riflessione», fanno sapere gli organizzatori.

«La stessa attenzione con cui abbiamo vigilato sulla provenienza degli aiuti, la scelta degli invitati, tanti altre cose che non in questo contesto non potevano considerarsi dettagli, l’abbiamo mantenuta per riuscire a parlare col pubblico più vasto possibile, non per così dire quello degli addetti ai lavori», confida Gerolamo Fazzini, ideatore e direttore artistico del Festival. «Per questo – aggiunge – da venerdì sera a domenica sera, sono previsti format per tutte le tipologie di pubblico, ospitate in tanti spazi pubblici, in contesti laici… Basta con l’autoreferenzialità, con il parlarsi addosso, magari in ecclesialese». Per questo il “cartellone” – pur col programma ancora da chiudere- è fitto di eventi . Il tutto mentre in una chiesa del centro città si terrà per l’intero Festival, l’adorazione eucaristica permanente. «Un modo per indicare il primato di Dio che rende possibile la missione anche quando essa appare impossibile», chiosa Fazzini.

Che sia questa la vera differenza con tante kermesse? La forza invisibile della preghiera ad accompagnare tanta voglia di fare? A questo proposito è da ricordare che le giornate di venerdì e sabato saranno aperte proprio da un momento di preghiera ecumenica. A seguire, sabato mattina, la consegna del consueto “Premio Cuore Amico” assegnato dall’omonima fondazione e quest’anno parte del Festival, incontri con esperti dedicati a temi di attualità: conflitti, diritti, drammi della tratta di esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione. Si terranno poi altri “spettacoli” senza uscire dalle tematiche analizzate in precedenza, e prodotti dallo stesso Festival. Per finire, la “Notte bianca della missione”, che di fatto sarà una grande veglia di preghiera per le missioni pensata per lo più per i giovani (“il popolo della notte”). Domenica si riproporrà la stessa pluralità di proposte e, al centro della mattinata, ci sarà la celebrazione eucaristica in Duomo Tra gli appuntamenti, nella stessa giornata conclusiva, un incontro sulle migrazioni come nuova via della missione, uno sul rapporto tra missione, cultura e informazione, un musical proposto dagli Scalabriniani e un concerto finale. Insomma una valanga di proposte. Presto, però, per immaginare l’esito dell’adesione del pubblico, presto per cercare di individuare le linee che potrebbero prevalere nell’insieme dei dibattiti e delle testimonianze. Come e dove si fa missione oggi? Cosa vuol dire oggi inculturazione per i missionari? Evitare il proselitismo significa rinunciare a che cosa? Per accogliere con rispetto cosa dobbiamo sacrificare? Se abbiamo tutti lo stesso Dio e ognuno può trovare la sua via a Dio attraverso il Logos eterno, perché l’annuncio cristiano? Facile immaginare che ci si interrogherà anche su questo a Brescia.

«Mi è capitato, nei miei viaggi attraverso le missioni nel mondo, ad esempio in Bangladesh, di trovare più d’un missionario in crisi profonda. Ne ricordo bene uno, purtroppo diventato alcolista. Mi diceva: io sono venuto qui per annunciare Cristo e oggi, dopo venticinque anni, scopro che non era necessario: allora la mia vita che senso ha avuto?», così mi raccontava ormai più di qualche anno fa l’arcivescovo di Chieti, Bruno Forte, in un’intervista. Aggiungendo: «Ecco, quando alcuni teologi fanno certe affermazioni sull’equivalenza di tutte le proposte religiose, non hanno nemmeno la percezione dell’ impatto devastante che certe idee hanno sulla vita delle persone. Quando un teologo cristiano rinuncia alla singolarità di Cristo, rinuncia al cristianesimo, e questo altro non è che infliggere ferite profonde».

Chissà quanti missionari la pensano come lui. In ogni caso l’augurio è che dentro il “Festival della missione” lo spazio anche per un vero approfondimento teologico non manchi. Il tema della grandi religioni e del loro rapporto col cristianesimo resta quanto mai attuale. Figuratevi per i missionari…

MARCO RONCALLI
Pubblicato il 13/07/2017