Suor Alma racconta i suoi anni di missione a servizio dei più poveri

Una testimonianza di fede autentica e di amore per il prossimo, una missione spirituale e religiosa, ma soprattutto profondamente umana, fonte di grande ricchezza interiore.

Massimo Cogliati, coordinatore della commissione per la cultura della parrocchia di San Zeno, e Suor Alma Comi

Massimo Cogliati, coordinatore della commissione per la cultura della parrocchia di San Zeno, e Suor Alma Comi

La comunità di San Zeno ha accolto, giovedì 7 aprile, Suor Alma Comi, religiosa missionaria delle suore di Nostra Signora degli Apostoli,  originaria della piccola frazione di Olgiate Molgora, da poco rientrata in Italia dopo aver trascorso ben venti anni in alcuni tra i paesi più poveri dell’Africa. Numerosissime persone hanno voluto radunarsi presso la sala polifunzionale dell’oratorio per abbracciare Suor Alma e sentire raccontare da vicino la sua testimonianza di vita missionaria: una serata molto semplice, quella di ieri, ma sinceramente sentita da tutti i partecipanti, in un’atmosfera familiare allietata dalle esibizioni di alcuni allievi della scuola di musica “Eugenio Nobili”, diretta dal maestro Antonello Brivio, e di Momoyo Kajiyama, giovane giapponese in Italia da sei mesi.

sr. alma musica“Sappiamo che per Suor Alma la musica è quasi una seconda vocazione, un aspetto importante della sua vita, fin da quando era molto giovane” ha affermato in apertura Massimo Cogliati, coordinatore della commissione per la cultura della parrocchia di San Zeno, “e pertanto abbiamo voluto che questo incontro fosse rallegrato e animato in questo modo, direttamente dai nostri ragazzi, così da poterla accogliere tra di noi in modo molto spontaneo e affettuoso”

E la musica, appunto, è stata protagonista della serata, intrecciandosi progressivamente alla voce di Suor Alma, che ha risposto alle domande del moderatore ripercorrendo le tappe più significative della sua vita di religiosa.

Come e quando è nata la tua vocazione?
Questa è una domanda che può sembrare banale, ma a cui ho sempre fatto fatica a rispondere: è come chiedere a un innamorato da dove è nato l’amore per la sua donna, o in che modo. È un qualcosa che ognuno sente dentro di sé, uno dei grandi misteri della vita. Probabilmente la mia vocazione è scaturita nel mio cuore proprio qui, grazie a questa comunità, alla parrocchia, all’oratorio e ai sacerdoti che ho avuto modo di incontrare sul mio cammino, soprattutto durante la mia giovinezza: ricordo con grande affetto, per esempio, don Natale Galbiati, una figura sempre presente, che cercava di stimolare continuamente i giovani, portandoli anche a fare alcune “gite fuori porta”. È lui che mi ha regalato una statuetta che porto sempre con me, che mi ha seguito ovunque, dai tempi della Professione Perpetua all’Africa, fino ad arrivare alla mia attuale “patria”, Genova.

Suor Alma e le sue consorelle (sr M. Virginia, sr Alma, sr Sandra, sr M. Redenta e sr Evelyn)

Suor Alma e le sue consorelle (sr M. Virginia, sr Almasr Sandra, sr M. Redenta e sr Evelyn)

Apriamo ora il “capitolo africano”. Che cosa ti diceva il tuo cuore dopo essere arrivata sul “Continente Nero”? Quale è stato il primo impatto con quella realtà, quali pensieri ha suscitato dentro di te? Quali episodi ricordi con più piacere?
Sono sbarcata in Africa per la prima volta nell’ottobre del 1985: nonostante fosse già autunno, il mio primo pensiero, che non mi ha lasciato per parecchi giorni, è stato: “Che caldo!!”. I primi tre anni lì sono stati un po’ duri, soprattutto perché era difficile comunicare con gli abitanti del posto, a causa del forte ostacolo linguistico, che ha creato in me un forte senso di disagio. Una volta immersa in quella realtà, però, mi sono sempre sentita a casa, circondata dall’affetto e dalla sincera gratitudine di tutti per ciò che stavo facendo. Nel complesso, la mia missione in Africa è durata venti anni, e questa esperienza per me è stata un immenso dono del Signore, che mi ha sempre accompagnata e amata: nella mia permanenza in quei paesi poverissimi, ho incontrato innumerevoli fratelli e sorelle che mi hanno dato tanto, arricchendomi come persona, ma soprattutto come cristiana. Ho compiuto, infatti, un bellissimo cammino anche con alcuni musulmani, da cui ho ricevuto in dono il loro speciale Rosario, costituito dai 99 grani simbolo dei nomi di Allah.

Ho sempre cercato, insieme alle mie consorelle e agli altri religiosi presenti sul posto, di lavorare assiduamente nel campo dell’evangelizzazione e della promozione sociale, ma allo stesso tempo di fronteggiare i problemi concreti che affliggevano quotidianamente le popolazioni locali: dal 2002, ad esempio, grazie alla straordinaria generosità di questa parrocchia e di altre comunità, abbiamo costruito quasi 100 pozzi per il trasporto dell’acqua, un numero davvero significativo, considerando che ognuno di essi è costato circa 8.000 euro. Tra gli episodi che ricordo con più piacere, infine, ce n’è uno che purtroppo non ha avuto un lieto fine: una sera venne chiesto il mio aiuto per accompagnare all’ospedale, distante 70 km, una giovane donna che stava per partorire. Nonostante il bambino non fosse riuscito a sopravvivere, la signora giunse da me dopo pochi giorni per ringraziarmi del mio sostegno, portandomi in dono un pollo fresco: è stato un gesto di grande affetto, che mi ha lasciata totalmente stupefatta.

Da qualche mese ti sei spostata a Genova. Di che cosa ti occupi lì?
Come prima cosa cerco di imparare a nuotare, ma purtroppo senza ottenere buoni risultati …! In realtà, nel capoluogo ligure vivo con due consorelle, una originaria del Ghana e una dell’Egitto, una “triade” che vuole essere un segno tangibile di grande fratellanza: negli ultimi periodi abbiamo lavorato ad alcuni progetti a favore di profughi e immigrati, un mondo ancora tutto da scoprire, nonostante si siano già fatti dei passi da gigante. Inoltre, ci occupiamo del servizio mensa presso la Comunità genovese di Sant’Egidio, una realtà che mi ha fatto scoprire, ancora una volta, la bellezza del contatto con le persone di ogni età e nazionalità. Alla comunità di sant’Egidio si rivolgono quotidianamente tante persone, tra cui anche alcuni disoccupati e pensionati italiani che purtroppo non riescono più a cavarsela da soli. A Genova, poi, seguiamo anche un gruppo di 25 ragazze africane richiedenti asilo, a cui cerchiamo di insegnare gradualmente la lingua italiana, entrando in contatto con loro in modi molto spontanei, ad esempio con la musica e il canto. Da circa un mese, infine, abbiamo preso parte a una bella iniziativa organizzata nelle carceri: al sabato pomeriggio celebriamo la Santa Messa, mentre al giovedì incontriamo personalmente i detenuti, uomini e donne. Lì a Genova, inoltre, è stata recentemente creata una sorta di “Casa di Accoglienza” per coloro i quali, scontata la propria pena, si preparano ad uscire dalle sbarre e necessitano di un supporto materiale e “spirituale” per poter ricominciare da capo la propria vita: è in questi contesti, più che in altri, che si può osservare chiaramente la loro umanità, un’umanità che ha solo bisogno di ricevere affetto e bene, due “regali” che noi, senza giudicare nessuno, possiamo donare gratuitamente, come ha suggerito anche Papa Francesco. Proprio il pontefice, nel suo ultimo viaggio in Africa, ha rivelato ancora una volta all’umanità che cosa significhi essere cristiani: siamo noi a dover testimoniare che tutte quelle persone che si rivolgono all’Europa in cerca di aiuto sono nostri fratelli, che sono il tramite attraverso cui il Signore si rivolge a noi, invitandoci ad amare tutti gli uomini e le donne del mondo senza misura. In questi venti anni l’Italia è molto cambiata, ma noto con piacere che la comunità di San Zeno, la mia parrocchia, è sempre molto viva e attiva su vari fronti: chiedo a tutti voi di pregare per me, affinché la mia vita “consacrata” possa essere davvero interamente dedicata al Signore, dovunque Lui deciderà di portarmi in futuro.

E la serata della comunità di San Zeno si è conclusa con un emozionante momento finale, ancora una volta dominato dalla musica: tutti i presenti, infatti, si sono uniti in un grande abbraccio intorno a Suor Alma che, chitarra alla mano, ha intonato un celebre canto della liturgia eucaristica, pieno di parole di fede e di speranza.

Suor Alma in posa con una famiglia residente a Olgiate originaria di uno dei paesi africani in cui ha trascorso alcuni anni della sua missione. Primo da destra: Antonello Brivio, direttore della scuola di musica “Eugenio Nobili”; prima da sinistra: Suor Evelyn, la consorella di Suor Alma originaria del Ghana.

Suor Alma in posa con una famiglia residente a Olgiate originaria di uno dei paesi africani in cui ha trascorso alcuni anni della sua missione. Primo da destra: Antonello Brivio, direttore della scuola di musica “Eugenio Nobili”; prima da sinistra: Suor Evelyn, la consorella di Suor Alma originaria del Ghana.