Il 1° dicembre scorso abbiamo celebrato il centenario della morte violenta di Charles de Foucauld (1858-1916) a Tamanrasset (Sahara algerino), beatificato nel 2005 e che forse la maggior parte di noi conosce meglio come Fratel Carlo di Gesù.

A Roma è stato organizzato un convegno dal titolo “Gridare il Vangelo con la nostra vita”, che ha visto la presenza di oltre 500 persone venute da tutta Italia e anche dall’estero. Di fronte a tale partecipazione massiva mi sono chiesto perché un uomo nato nel 1800, e dunque di un’epoca e una cultura ormai lontana da noi, attira ancora oggi l’attenzione di tanti uomini e donne che trovano in lui un “precursore” nella sequela di Gesù.

Certamente c’è il fatto che più di 20 famiglie religiose trovano la loro radice nella sua spiritualità e anche il fatto che Papa Francesco non perde occasione per parlarne e presentarlo come ‘Modello’ di vita cristiana ai preti, alle famiglie e ai giovani. Però mi sembra che ci sia qualcosa di più profondo che ci spinge a seguirlo e ad accettarlo come ‘guida’. Elenco alcunifratello-universale motivi che mi sembrano validi e pertinenti:

  1. In una società quasi totalmente secolarizzata, Fr. Carlo ha saputo indicare alla Chiesa e a noi cristiani, nuovi e vecchi, la centralità di Gesù per la nostra fede. La nostra fede non segue un libro e non è neanche una morale, seppure altissima, ma essa ha al suo centro la persona di Gesù Cristo. Lui, e solamente Lui, è al cuore della nostra fede ed è il “Modello Unico” della nostra vita cristiana, il tesoro unico per il quale vale la pena di vendere tutto…
  1. Un secondo motivo è che Fr. Carlo non solo ci ha detto che Gesù è al cuore della nostra fede ma ci ha mostrato come seguirlo mettendo in pratica il Vangelo. Il Vangelo è per Fr. Carlo il testo fondamentale della sua vita: “Leggere e rileggere senza sosta il Santo Vangelo per avere sempre davanti lo spirito, gli atti, le parole e i pensieri di Gesù, per poter pensare, parlare, a gire come Gesù, seguire i suoi esempi e gli insegnamenti di Gesù” fino diventare noi stessi “Vangeli viventi” e mostrare così “l’immagine vivente di Gesù”.
  1. Una terza ragione è la sua cura dei poveri. Non ha avuto paura di mischiarsi a loro, di vivere con loro, di fare “alleanza con loro” poiché Gesù si è identificato con loro. Come non pensare a tutta l’attenzione che Papa Francesco ha per i poveri e il suo desiderio di avere “una Chiesa povera per i poveri”? E ci sprona “a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro” (EG 198).
  1. Un quarto motivo, più che mai attuale per la nostra società, è il fatto che Fr. Carlo è stato un uomo di dialogo : un dialogo sostenuto contro tutti e contro tutte le delusioni, cosciente che “certamente occorre pazienza e grande pazienza: pazienza aspettando tanto tempo perché il seme di grano germogli; pazienza nell’usare i mezzi più saggi e più sicuri, anche se lenti; pazienza nel continuare a lavorare con tutte le nostre forze malgrado l’insuccesso, gli ostacoli, le contraddizioni e l’incertezza della riuscita”.
  1. Un quinto ed ultimo motivo. Fr. Carlo non ha paura di indicarci la meta altissima della nostra fede: la santità della vita quotidiana, con il simbolo a lui tanto caro della vita di Nazaret. Alla fine della sua vita, il suo vescovo, Mons. Bonnet, scriveva a sua sorella Maria: “Nella mia lunga vita ho conosciuto poche anime più amanti, più delicate, più generose e più ardenti della sua e raramente ne ho avvicinato di così sante. Dio lo aveva talmente inondato, che tutto il suo essere traboccava di luce e di carità”.

Andrea Mandonico, SMA