In questi giorni i portuali di Genova hanno impedito l’imbarco di armamenti sulla nave saudita Bahri Yanbu, rivelando nella stiva mezzi anfibi statunitensi, munizioni ed esplosivi pronti per essere inviati nel Medio Oriente. Dopo ore di tensione e un presidio sotto Palazzo San Giorgio, il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (CALP) ha proclamato: “Da Genova non partiranno armi!”. 

Quel blocco è diventato un gesto di dissenso pacifico, un grido corale che interroga la nostra coscienza e ribadisce che ogni singolo atto, anche piccolo, può spezzare la catena della guerra.

Il 7 agosto i “camalli” (portuali) hanno occupato simbolicamente i varchi del terminal GMT, bloccando l’imbarco di cannoni della Oto Melara (fabbrica di armi in Liguria) e carri armati americani.

La Filt-Cgil ha supportato l’azione, denunciando la possibile violazione della legge 185/1990 sul commercio di armamenti. Dopo l’esposto, la Procura di Genova ha aperto un fascicolo conoscitivo affidando le indagini a Digos e Capitaneria di Porto. L’Agenzia Marittima, sotto pressione dei sindacati, ha poi comunicato che quel materiale bellico non avrebbe lasciato Genova: una vittoria che dimostra il valore della mobilitazione collettiva!

Nella nostra comunità NSA di Genova, vicino alla parrocchia di S. Maria delle Vigne, dove abitiamo, abbiamo conosciuto uno di questi “camalli”, Marco, che ha partecipato al blocco delle armi al porto e gli abbiamo fatto qualche domanda.

Puoi raccontarci cosa è successo al porto?

Era in realtà un lavoro di routine. Lo scarico da una nave. Ma appena siamo saliti a bordo della Bahri Yanbu e abbiamo visto quei mezzi militari, abbiamo capito che non potevamo fare finta di niente. Per noi il porto è vita, commercio, non un passaggio per mandare armi in guerra. Era come essere in parte complici delle morti che quelle armi avrebbero causato.

Cosa vi ha spinto a prendere una decisione così forte? 

Ho una famiglia e non voglio che altri la perdano. Se il mio piccolo gesto può fermare un carro armato, vale ogni ora di presidio e di sciopero.

Che messaggio vuoi condividere con noi? 

Non pensate che la pace sia un’idea astratta. È fatta di giorni come questi, di gente che decide di dire “no” alla violenza con il corpo e con il cuore. A volte non si riesce a cambiare le cose. Ma a volte sì, come nel nostro caso. Ma sempre è importante far sentire la propria voce, con i mezzi che abbiamo a disposizione.

La pace è cammino quotidiano anche per noi suore NSA, che nel lavoro per la pace investiamo le energie nei paesi del mondo dove siamo inviate. Dovunque occorre seminare pace trai popoli, nelle comunità e famiglie, nei nostri cuori. Ogni gesto, anche il più semplice, è un mattone nella costruzione della pace.

Ecco alcuni esempi di gesti quotidiani alla portata di ciascuno di noi:

  • Accogliere lo straniero come fratello e sorella.
  • Testimoniare la gratuità del dono attraverso il servizio ai poveri.
  • Promuovere il dialogo interculturale per vincere paure e pregiudizi.
  • Intercedere con la preghiera perché i cuori si aprano al perdono e alla riconciliazione.

La rivolta dei camalli a Genova ci ricorda che la pace non è un traguardo lontano, ma un cammino tracciato dai nostri passi quotidiani. Ogni protesta pacifica, ogni gesto di solidarietà, ogni preghiera è un mattoncino nella costruzione di un mondo che sceglie il dialogo anziché le bombe.

Sempre avanti sulla via della pace.