gregoire-e-i-malatiGrégoire Ahongbonon nasce a Ketoukpe, un piccolo villaggio del Benin al confine con la Nigeria, il 10 gennaio del 1953, da una famiglia di contadini. Da piccolo viene battezzato e trascorre la sua infanzia nel villaggio natale. Nel 1971 emigra in Costa d’Avorio per lavorare come riparatore di pneumatici. Conosce, negli anni successivi, un periodo di prosperità economica che lo porta a diventare proprietario di alcuni taxi.

In questo tempo abbandona completamente la Chiesa Cattolica ritornando alle pratiche feticiste ed abbracciando uno stile di vita libertino. Verso la fine degli anni settanta conosce gravi disavventure finanziarie che lo porteranno al fallimento economico e personale fino a condurlo sull’orlo del suicidio.

E’ in questo periodo che Grégoire sperimenta un incontro profondo con Dio e si riavvicina alla Chiesa Cattolica partecipando, nel 1982, ad un pellegrinaggio a Gerusalemme nel corso del quale una frase pronunciata dal sacerdote lo toccherà profondamente: “ogni cristiano deve posare una pietra per costruire la Chiesa”

Questa frase, in un animo sensibile e reso ancor più consapevole dalla grave crisi personale, cambia letteralmente la sua vita. Grégoire, infatti, rientrato a Bouaké, si accorge di una persona che vaga nuda per strada alla ricerca di cibo, le si avvicina e si rende conto che è un uomo malato di mente che a causa della sua condizione è stato emarginato dalla società. Egli avvia un gruppo di preghiera che ben presto si trasformerà in un gruppo caritativo per i malati bisognosi di cure: l’Associazione S. Camillo di Bouaké

schermata-2017-08-23-alle-11-09-55«Non so perché l’ho fatto: non sono un medico, non sono uno specialista di malattie mentali e non sono un prete. E’ stato Dio che mi ha guidato». Grégoire si è imbattuto nell’uomo che lo ha condotto sulla sua personale via di Damasco: «Étienne vagava nudo, dormendo dove capitava, cibandosi di spazzatura. Da lui mi è venuta l’ispirazione, è stato il mio primo “paziente . Grégoire quando ha incontrato Étienne ha capito che quel miserabile mostrava segni di profondo squilibrio e che sarebbe morto se qualcuno non si fosse preso cura di lui. Ha scoperto che nei centri urbani e nelle campagne vivevano in condizioni tremende moltissimi «posseduti» dalla pazzia: il disagio mentale in Africa è considerato contagioso e chi ne è afflitto deve essere isolato. In città i «matti», ma anche gli epilettici, vengono cacciati dalle case tutti nudi, in modo che siano facilmente riconoscibili. Nelle campagne invece vengono messi in ceppi con le gambe bloccate all’interno di grossi tronchi ed esposti a tutte le insidie e i pericoli della foresta. È iniziato così il lungo viaggio di Grégoire, egli ha liberato migliaia e migliaia di malati di mente, spesso molto giovani, facendoli evadere da quelle speciali carceri dove vengono destinati tutti coloro che accusano disagi psichici in Togo, Costa d’Avorio, Benin, Burkina Faso e in tante altre nazioni africane.

“Di solito gli africani vengono immaginati poveri, privi delle crisi esistenziali, che colpiscono chi vive nel benessere», dice Grégoire. «Non è affatto così: tra miseria, fame e desideri non realizzati è assai facile cadere nel buio mentale, nella depressione. Io cerco di offrire quella che chiamo la “terapia dell’amore”. Pago il riscatto al capo del villaggio e dopo aver tolto le catene ai piedi di un uomo o di una donna, non credo vi sia niente di più bello che: lavarli e abbracciarli». Molto però c’è ancora da fare, molti gli schiavi ancora da liberare”.  La mia battaglia è contro le catene». Una battaglia che coincide con quella pietra «che ogni cristiano deve posare per costruire la Chiesa».